Chris Liebing: la nostra intervista e una playlist esclusiva

Pensi a Chris Liebing e il collegamento mentale più immediato è quello con una techno cupa e muscolare, dalla perfezione teutonica. Magari che riecheggia e pervade le quattro mura di una cattedrale della musica elettronica: sia essa in Germania – come il Robert Johnson in Assia, da cui Chris proviene – sia essa il nostrano Cocoricò, dove l’artista si è esibito quest’estate in occasione dei trent’anni dello storico locale romagnolo. Per altro verso, se si pensa a Mute Records, i primi nomi che vengono in mente sono ascrivibili alla galassia del pop di qualità: Depeche Mode, Nick Cave e Yazoo, per citare solo alcuni degli artisti che dal 1978 ha prodotto e pubblicato l’iconica etichetta diretta da Daniel Miller. Quale può, dunque, essere il punto di contatto, la convergenza tra due linee solo in apparenza parallele? Innanzitutto la figura dello stesso Daniel Miller, che oltre a essere visionario discografico è, tutt’oggi, a quasi settant’anni, grintoso e più che mai attivo Dj anche nelle suddette cattedrali – se si pensa che in due settimane sarà di scena al Berghain. E poi l’amore e la curiosità per la musica, al netto dei distinguo di genere, che anima un artista come Chris Liebing a esplorare sonorità nuove dopo quasi trent’anni di onorata carriera nel mondo della musica da 120 battiti al minuto. Oggi esce Burn Slow, il nuovo disco di Chris Liebing per Mute Records, dopo una spasmodica attesa mitigata dall’uscita di due estratti durante l’estate: per l’occasione, oltre all’intervista di rito, abbiamo chiesto all’artista di selezionare per il canale Spotify di Vogue Italia dieci tracce della label che ci dessero la sua “personale panoramica della varietà di musica prodotta in oltre quarant’anni di attività” da questa favolosa realtà che è Mute Records. Enjoy!

Il progetto Burn Slow ha avuto inizio con i due remix di Goldfrapp e Depeche Mode. Quale artista Mute credi sarebbe il più adatto a remixare una traccia del tuo album?
Ovviamente mi piace molto la musica dei Goldfrapp ma, se parliamo di un possibile remix, direi i Depeche Mode, in quanto credo che il loro stile sia più adatto. Ma se consideriamo tutti gli artisti Mute, allora anche un remix realizzato da Apparat sarebbe fantastico. Alla fine dei conti, vista la varietà degli artisti Mute – un aspetto che ritengo straordinario di questa label – ognuno di loro potrebbe creare qualcosa di interessante.

Siamo abituati a vederti indossare la techno uniform total black. Il nuovo Chris Liebing cambierà stile con Mute Records?
Da fuori potrebbe sembrare che ci sia un ‘nuovo Chris Liebing versione Mute’, ma nonostante il tipo di musica leggermente diverso, il mood generale e la filosofia non sono poi cambiate così tanto negli ultimi venti o trent’anni. Le radici sono rimaste le stesse. E, per quanto riguarda il look, se andate a un concerto dei Depeche Mode, vi accorgerete che circa il 90% delle gente indossa quella che viene definita ‘techno uniform’ anche se molto probabilmente non ascoltano musica techno, quindi non credo sia qualcosa di molto significativo. Inoltre, non direi si possa parlare di un cambio di stile. Lo definirei piuttosto un’evoluzione di stile.

Tra le collaborazioni di Burn Slow, la traccia che emerge maggiormente è quella con Gary Numan: come è stato collaborare con un artista così leggendario?
All’inizio è stato un completo salto nel buio. Sapevo di avere bisogno di qualcuno con una voce molto distintiva, qualcuno che fosse un vero ‘personaggio’. Un amico che conosco dalla fine degli anni ’90 è il manager e il co-produttore degli ultimi album di Gary Numan, quindi gli ho scritto chiedendogli se Gary potesse essere interessato a una collaborazione. Ho avuto la fortuna di scegliere un buon momento perché dopo un paio di settimane ho saputo che Gary Numan era disponibile. Poi, dopo un altro paio di settimane ho ricevuto un file vocale da Gary in persona che mi ha lasciato completamente senza parole dato che sono cresciuto con la sua musica. Eravamo ancora agli stadi iniziali della realizzazione dell’album e la cosa mi ha reso straordinariamente felice perché ero certo che il risultato sarebbe stato buono. Più tardi, io e Daniel Miller abbiamo incontrato Gary Numan dopo un suo concerto ad Amsterdam, abbiamo chiacchierato e ci siamo divertiti parecchio. È una cosa straordinaria aver il supporto di un artista così iconico come Gary.

Pensi che il tuo stile di vita, e di conseguenza il tuo nuovo stile musicale, possano essere stati influenzati dal fatto che sei diventato vegano? Ritieni che questa scelta abbia cambiato la tua mentalità?
Dal momento che ritengo sia tutto connesso, che tutto ciò che facciamo è connesso, potresti benissimo chiedermi se “è nato prima l’uovo o la gallina”? Certo, potrei dire che sono diventato vegano in quanto ho preso più coscienza di cosa succede nel mondo attorno a me, ma anche più consapevolezza del mio corpo, di cosa mi fa bene e cosa no. E potrei dire anche che diventare più sensibile rispetto a certe cose possa aver cambiato il mio approccio alla musica ma, in realtà, preferisco dire che in un certo periodo della mia vita ho iniziato a essere più sensibile nei confronti di ciò che mi circonda, specialmente per quanto riguarda la musica e il tipo di emozioni che crea, di conseguenza suppongo di essere diventato più consapevole di ciò che mangio e di come ciò che mangio mi fa sentire. Vanno di pari passo, non mi è possibile dire se una cosa ha portato all’altra o se invece è successo l’opposto perché sono davvero convinto sia tutto connesso. Inoltre, non parlerei di un nuovo stile di musica, forse può apparire così a coloro che mi conoscono solo per il mio lavoro da Dj, ma la gente che mi conosce bene e conosce i miei gusti musicali oltre la techno non lo definirebbe affatto un nuovo stile di musica ma piuttosto una progressione logica del modo in cui faccio musica e del tipo di musica che faccio. Per quanto riguarda la mia mentalità, cambia di continuo e credo sia influenzata dalle circostanze, da come e dove mi trovo, dall’ambiente, da ciò che ascolto, da come mi sento e da cosa mangio.

Hai affermato che eri solito ballare col tuo vicino sulla musica delle tracce dell’etichetta Mute: dopo tutti questi anni dietro la console, ami ancora ballare? Quali sono gli album che ami di più per ballare?
Non sono mai stato un gran ballerino. Quando dico che ballavo sulla musica del vicino, si tratta per lo più della musica di mio fratello che proveniva dalla porta accanto alla mia. Ha fatto nascere in me l’interesse per la musica e mi faceva saltellare su e giù per la mia stanza. Ovviamente, più tardi quando ho iniziato ad uscirmene fuori, e non era con musica techno perché quello era il periodo prima dell’esplosione della scena techno alla fine degli anni ’80, ero contento di darci giù di brutto con i miei amici in pista che ballavano ma non credo che la cosa avesse molto in comune con l’arte del ballare di oggi durante un sei-sette ore in discoteca. Il modo di oggi ha forse un effetto più meditativo rispetto a cosa facevamo noi negli anni ’80 quando si saltava e si pogava sulla musica dei Cure o dei Depeche Mode. Al tempo avrei potuto dirti con molta facilità le mie dieci tracce preferite su cui ballare (ride). Di recente mi sono rivisto ballare durante un concerto dei Depeche Mode nel loro ultimo tour, inoltre non mi dispiace ballare alla console sulla musica di altri DJ e magari anche per conto mio ma, molto probabilmente, mi riesce meglio fare musica piuttosto che ballare. Detto ciò, ballare mi è sempre piaciuto. Fate muovere il corpo, it’s fun!

Ci racconti infine qualcosa sulle dieci tracce che hai selezionato?
Beh innanzitutto devo dire che è stato estremamente difficile scegliere solo dieci tracce dal catalogo di un’etichetta che produce musica da oltre quarant’anni, specialmente se si considera che hanno prodotto alcuni dei migliori album della mia band preferita di tutti i tempi, i Depeche Mode. Potrei trovare persino difficile selezionare le dieci migliori tracce dei Depeche Mode, per non parlare delle dieci tracce più memorabili di Mute. Quindi quello che ho fatto è stato scegliere quelle che mi sono giunte alla mente per prime, il che potrebbe significare che ne ho saltate alcune che potrebbero essere in realtà più importanti e significative. Con questa playlist ho semplicemente cercato di darvi una mia personale panoramica delle dieci tracce rappresentative della varietà di musica prodotta in oltre quarant’anni di attività e di fornirvi il miglior quadro possibile di come io vedo la Mute Records. Questo è il motivo per cui vi troverete pezzi nuovi, come Apparat, come ovviamente, anche musica più vecchia come Fad Gadget e anche il primo lancio di The Normal, intitolato “Warm Leatherette”. I titoli dei Depeche Mode sono solo per ricordarvi (ride) che ci sono probabilmente almeno quaranta altre tracce di questa band che dovrebbero essere incluse nella lista. I titoli scelti hanno quindi un valore rappresentativo, di promemoria.

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