Si conclude oggi la trentatreesima edizione del Festival International de Mode, de Photographie et d’Accessoires de Mode à Hyères che nei giorni scorsi, a partire dal 26 aprile, ha animato la splendida Villa Noailles con mostre, installazioni, performance, proiezioni e workshop. Ieri sera si è tenuta all’Hangar de la Mouture, nella cornice naturale delle Salin des Pesquiers, la cerimonia di premiazione dei designer e fotografi in concorso, in un’atmosfera di festa e grande energia.
Ogni anno Jean-Pierre Blanc, fondatore e direttore generale del festival, riesce a realizzare una manifestazione capace di celebrare la bellezza in tutte le sue forme e soprattutto il talento dei giovani, a cui vengono date concrete possibilità di sviluppo e maturazione della propria creatività, grazie ai numerosi premi messi a disposizione dagli sponsor.
Per la competizione di Fotografia la giuria, presieduta da Bettina Rheims e composta da Bill Mullen, Jed Root, Ezra Petronio, Charlotte Collet, Jean Colonna, Serge Bramly, India Mahdavi, Saskia de Brauw, Alessia Glaviano e Daragh Soden, ha decretato:
Eva O’Leary / The Photography Grand Prix of the Jury (grant di 15.000 euro by Chanel)
Sarah Mei Herman / The American Vintage Photography Prize (premio di 15.000 euro – di cui 5 assegnati al fotografo – che consiste nella commissione di un fashion photoshoot)
Csilla Klenyánszki / Still Life Prize (5.000 euro)
Sanna Lehto / Public and City of Hyères Award
Allyssa Heuze / dotation Wallpaper magazine
La giuria ha assegnato a Eva O’Leary il Grand Prix du Jury per il potenziale espresso nel suo lavoro ed in particolare nel progetto presentato a Hyères dal titolo Spitting Image. Si tratta di una serie di ritratti di ragazze adolescenti americane di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Lo sguardo dello spettatore si sofferma sui dettagli delle espressioni di ciascun viso: che cosa stanno guardando le ragazze? Se stesse. Di fronte a loro Eva O’Leary ha posto uno specchio e quella che vediamo è la reazione dinanzi alla propria immagine riflessa. L’autrice accompagna le fotografie con video che riprendono le adolescenti mentre si mettono in posa davanti allo specchio, sapendo di dover essere fotografate. C’è chi non riesce a darsi pace e si sistema nervosamente i capelli, chi in preda all’imbarazzo arrotola le maniche della maglia, chi aspetta placidamente che il fatto si compia; ognuna cerca se stessa a suo modo. Emerge da questo insieme di immagini e video tutta la vulnerabilità che contraddistingue l’età dell’adolescenza, ma anche una riflessione più ampia sul modo in cui utilizziamo la fotografia per auto-rappresentarci, sulla definizione di noi stessi attraverso la messa in scena di una performance, sulla cultura del selfie e la stereotipizzazione di certe immagini femminili. Temi molto attuali come ha osservato Alessia Glaviano: «tutta la giuria è stata concorde nel rilevare che Eva è dotata di una visione molto forte e il suo lavoro si contraddistingue per una consistenza sia estetica che di contenuti, dato che i concetti esplorati sono temi caldi della nostra contemporaneità».
La vincitrice dell’ American Vintage Photography Prize è la fotografa Sarah Mei Herman che alla Villa Noailles ha esposto Xiamen, un progetto a lungo termine realizzato in Cina durante un periodo di residenza di quattro mesi nella città costiera di Xiamen e numerose visite successive. Era la prima volta che Sarah si recava in Asia e ad incuriosirla era ciò che aveva letto sul modo in cui vengono vissute le dimostrazioni pubbliche di affetto e l’intimità nella cultura cinese. Per questo l’autrice ha scelto di fotografare i gesti d’intimità di giovani coppie di ragazzi incontrati per strada, in spiaggia o nei campus universitari. Con alcuni di loro, e specialmente con le ragazze, più propense ad aprirsi, la Herman ha creato rapporti di fiducia speciali che si sono protratti nel tempo, permettendole di documentare con delicatezza ed empatia le transizioni e i cambiamenti che avvengono in una relazione. Le sue fotografie raccontano le sfumature dell’amicizia e dell’amore, la solitudine, l’incomunicabilità, il nostro bisogno di legami.
La fotografa ungherese Csilla Klenyánszki si è aggiudicata lo Still Life Prize grazie alle sue installazioni fantasiose create nello spazio del proprio appartamento. Pillars of Homes, il progetto presentato per la competizione, si compone di una serie di foto realizzate dalla Klenyánszki durante i momenti di riposo del proprio bambino appena nato. Una sorta di sfida, tra il gioco e la meditazione, come rivela l’autrice: «è difficile coniugare il mio lavoro con la maternità così ho deciso di sfruttare i 30 minuti (al massimo un’ora, se sono fortunata) in cui mio figlio dorme per creare installazioni con oggetti domestici, tutto quello che ho a disposizione, che si sviluppano dal pavimento al soffitto. A volte entro anch’io in scena come soggetto anche se non sono immediatamente riconoscibile. Questo processo mi ha permesso di approcciarmi in modo nuovo al mio lavoro, aiutandomi a trovare la concentrazione in uno spazio di tempo ristretto».
Considerati i risultati raggiunti dai vincitori della scorsa edizione, Daragh Soden e Luis Alberto Rodriguez, che quest’anno hanno esposto il proprio lavoro in due mostre personali a Hyères, non resta che attendere la 34° edizione del festival per vedere quali direzioni prenderanno le fotografe vincitrici.
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